Qualcuno con cui correre – D. Grossman

Il best seller di questo mese è un libro che risale al primo biennio di Liceo, assegnato da una professoressa che, in generale, aveva pessimi gusti in termini di lettura. Questa volta però, ci aveva azzeccato e questo compito non era stato poi così male, come temevo. Si tratta di Qualcuno con cui Correre di David Grossman, romanzo celebre dal quale è stato tratto un film omonimo nel 2006 (regista Oded Davidoff).

Il protagonista è Assaf, un sedicenne timido e impacciato a cui viene affidato il compito di ritrovare il proprietario di un cane abbandonato, seguendolo per le vie di Gerusalemme. Correndo dietro all’animale, il ragazzo giunge in luoghi impensati, conoscendo strani e inquietanti personaggi. E a poco a poco ricompone i tasselli di un drammatico puzzle: la storia di Tamar, una ragazza solitaria e ribelle fuggita di casa per salvare il fratello tossicodipendente, finito nella rete di una banda di malfattori. E’ la svolta nella vita di Assaf, che decide di andare fino in fondo per conoscere questa misteriosa eroina.

Ho trovato questo romanzo piacevole, prima di tutto perché i protagonisti sono degli adolescenti ai quali la gente adulta non darebbe due lire. Assaf è fin troppo introverso e nessuno si immagina che la piccola Tamar sia in grado di affrontare il mondo esterno da sola per riprendersi il fratello. Insomma una storia che rende omaggio alla tenacia che possono avere i più giovani, vicende eroiche dei giorni nostri in realtà difficili, lontane dalle tresche amorose alla Gossip Girl. Anche i sentimenti vengono affrontati con una leggerezza disarmante, appena pizzicati come le note di una chitarra, ma capaci di produrre una musica fantastica. Per me merita eccome, con un 4.5/5. Non mi è piaciuto molto il film, invece. Forse perché i personaggi me li ero immaginati diversi e l’ho visto dopo aver letto il libro, o forse perché la tenerezza che traspariva nello scritto, sembrava un po’ persa per strada. Andrebbe visto per curiosità, secondo me.

ATTENZIONE: SPOILER IN QUESTO PARAGRAFO!!!!! Come dicevo, Grossman affronta con delicatezza i sentimenti che legano le persone nel corso di queste avventure. Un timido adolescente cerca per giorni una ragazza sconosciuta, scoprendo di provare dei sentimenti per lei man mano che scopre nuove cose sul suo conto. Se vogliamo Tamar è il suo esatto opposto, il rovescio della medaglia, a cui lui si è sentito attratto inconsciamente, grazie all’espediente della cagnolina Dinka, che fa da legante fra i due. Quando alla fine la trova, in una specie di nascondiglio segreto, non ci pensa su due volte ad aiutarla nel gestire il fratello Shay appena salvato dai malfattori, ma in piena crisi di astinenza. In questa storia sono rimasta particolarmente colpita da due cose: la prima è la morte dell’amica Shelly. Un personaggio problematico, rimasto solo fino alla fine, nonostante per un attimo ci abbia fatto credere ad un barlume di speranza per la sua uscita dal tunnel degli orrori. Shelly viene ingoiata dal suo stesso vizio e caos di vita, e l’unica cosa a rendergli omaggio è una “serata pizza” nel lager dove viveva da tempo. Un’altro punto che mi ha colpito, ma nel senso che non mi è piaciuto, è la fine di Teodora, una sorta di monaca di clausura che ad un certo punto, verso la fine, trova il coraggio di uscire dai confini del suo alloggio e vedere il mondo con i propri occhi. Una signora anziana con una fitta corrispondenza, che Facebook levati proprio, ma che vive reclusa da decenni. Mi sarebbe piaciuto sapere che fine abbia fatto, una volta varcata la soglia, ma non ci è dato saperlo. Adesso che ci penso, la descrizione del suo modo di vivere, sembra un po’ una metafora di questa generazione: giovani che hanno vita sociale solo virtualmente, ma fuori di casa vivono poco e niente. Ma mi rendo conto che forse sto vaneggiando un po’ troppo…

Vi ringrazio per aver letto l’articolo, vi auguro una buona lettura del libro 🙂

“Allora lei cantò. Così, su due piedi. I’m not your baby di Sinead O’Connor. Non avrebbe potuto scegliere canzone peggiore ma le sgorgò da dentro come un urlo, incontrollato. Forse perché lui l’aveva chiamata ‘piccola’ con tale disprezzo.” D. Grossman, Qualcuno con cui Correre

Un’avventura rattastica – D. Bernardson

Nonostante abbia già qualche volume per bambini nella mia libreria personale, risalenti almeno a un decennio fa (ma pure di più), ho deciso di leggere e recensirne uno che non avevo. Difatti, l’ultima volta che sono stata a trovare i miei genitori, ho deciso di tentare la sorte con un’impresa epica: entrare nella camera dei miei fratelli! C’è da chiedersi il motivo, in effetti. Il fatto è che in mezzo a cadaveri di vestiti in putrefazione sparsi ovunque, un campo minato di calze usate e cavi che ti si avvinghiano alle gambe, come edera impazzita, ho visto una libreria! Perciò mi sono addentrata in questa giungla per vedere se qualcosa fosse sfuggita alla mia attenzione dal mio trasloco. Siccome il tempo per preservare la mia sopravvivenza era scarso, ho raccolto in fretta e furia 3 volumi e uno di questi lo recensisco in questo articolo.

Manco a farlo apposta, visto il contesto per cui mia madre ha perso la guerra a colpi di “Riordinate la cameraaaaaaa!!” ormai da secoli, è un libro che parla di ratti. Si intitola Un’Avventura Rattastica di Derek Bernardson ed è adatto ad un pubblico di almeno 7 anni. I protagonisti sono 4 simpatici ratti fratelli che conoscono una bambina di nome Emma e decidono di aiutarla a scappare quando questa viene rapita dal signor Tizz e la sua banda, per ottenere un riscatto a 6 zeri. Secondo me la storia è carina e spiritosa, adatta sicuramente al divertimento dei più piccoli, ma vi assicuro che strappa un sorriso anche agli adulti. Il ritmo è molto veloce e lineare, molto prevedibile con happy ending persino per i “brutti e cattivi”, ma d’altronde è una storiella per pargoli, quindi va bene così. Voto 3.5/5.

Certo, se avete difficoltà a convincere i vostri figli a pulire la stanza, magari la eviterei come lettura. Si sa mai che evitano di riordinare per attirare i topi e farci amicizia, come la piccola Emma. Adesso che ci penso, magari era questo lo scopo iniziale dei miei fratelli…Chi lo sa! Anzi, a dirla tutta, uno dei due si è anche preoccupato di dirmi di riportarglieli quanto prima…!

Intanto vi ringrazio per aver letto l’articolo, vi auguro una buona puliz…ehmm lettura del libro 🙂

“A questo punto vi chiederete perché i Rattaquattrini erano detti Rattaquattrini. Adesso ve lo spiego. Quando richiamava in casa i piccoli ratti che stavano giocando fuori, la mamma gridava: <<Rattini! Voi quattro! Ehi, voi quattro! Rattini!>> ma finiva coll’imbrogliarsi e chiamava: <<Voi quattro! Ehi, rattini! Quattrini! Dove siete?>>. Così diventarono i Rattaquattrini. (E Papà rata trovava che era un nome adatto, perché mantenerli gli costava un sacco di soldi).” D. Bernardson, Un’avventura rattastica

Respiro – T. Chang

E’ da un bel po’ che non posto una recensione, un po’ per il periodo festivo, un po’ perché il mio piccolo esperimento non è andato molto bene. Mi spiego meglio: il mese scorso ho deciso di puntare su un nuovo genere, il fantascientifico, cercando libri non troppo famosi da recensire. Arrivata in libreria chiedo direttamente al commesso che, dapprima mi espone titoli di autori molto famosi come Asimov e Bradbury (ehmm…no, non ci siamo), poi raccoglie un volume di Ted Chiang, dal titolo Respiro, secondo lui destinato a diventare un best seller. Perfetto, mi dico, lo prendo!

Per chi non lo sapesse, questo autore ha pubblicato anche la raccolta Storie della Tua Vita, dal quale è tratto il film Arrival, diretto da Denis Villeneuve, dove abbiamo dei misteriosi extraterrestri che comunicano con un linguaggio complesso dai segni circolari. Avevo visto il film prima di conoscere l’autore e devo dire che mi è piaciuto, anche se parecchio contorto, perciò ero partita con aspettative abbastanza alte. La raccolta Respiro, invece, tratta diverse storie di carattere fantascientifico, ma senza la presenza di alieni. Si parla di presunti futuri che riguardano l’umanità o civiltà di universi paralleli che, in linea generale, affrontano attraverso le loro esperienze temi molto profondi che riguardano l’essere umano, come il valore della vita, l’ineluttabilità, la paura e il dolore della morte, la necessità della memoria, la ricchezza salvifica del sapere e volere, comunicare. Insomma un calderone di riflessioni devo dire, che ho sì e no apprezzato, perché alcuni racconti non mi sono piaciuti per nulla ed è anche questo il motivo per cui il mio esperimento è mezzo fallito. Ci ho messo parecchio tempio a finirlo, a differenza di altre letture.

In questo caso il mio voto rispecchia parecchio i miei gusti personali in fatto di generi, in quanto non essendo abituata a questo tipo di storie, alcuni punti li ho trovati persino estremamente noiosi. La scrittura comunque è semplice e veloce; nonostante i temi profondi che l’autore vuole affrontare, di rado si perde in monologhi prolissi e pesanti. Direi che un 3.5 su 5 ci sta tutto.

ATTENZIONE: SPOILER IN QUESTO PARAGRAFO!!!!!!! La lettura di questo libro è stata una specie di climax ascendente di apprezzamento, perciò non ho condiviso molto la scelta del titolo prendendo uno dei racconti che mi sono meno piaciuti, per quanto siano profonde le tematiche affrontate in Respiro. La mia impressione è stata che il meglio si è concentrato verso la fine, con le ultime storie, in particolare con Il Grande Silenzio e L’Angoscia e la Vertigine della Libertà, dove nel primo viene esposto il paradosso della ricerca umana che desidera andare oltre il cielo e le stelle in cerca di nuove forme di vita per comunicare, quando per assurdo non sa ancora apprezzare la ricchezza che ha sulla Terra, mentre nell’altro una serie di universi paralleli accessibile tramite dispositivi chiamati “prisma” mettono in crisi le persone di fronte alle proprie scelte di vita. Veramente interessanti e a me, personalmente, hanno spinto a farmi delle domande. Se avessi un prisma, lo vorrei usare per vedere cosa avrei fatto in universi paralleli? Non credo, lo troverei inutile e controproducente. Nel racconto molte persone hanno perso la ragione, spesso perché i propri parasé avevano una vita migliore partendo dalle stesse risorse e ciò che mandava in crisi era il fatto che il loro successo era dovuto a variabili casuali. Un altro racconto interessante è stato La Verità del Fatto e La Verità della Sensazione, dove il protagonista si interrogava sulla perdita del valore dei propri ricordi una volta che le persone avrebbero fatto ricorso ai loglife, ovvero video della propria vita, mostrandosi, in un certo senso, contro ai progressi di questa nuova tecnologia. Ma, paradossalmente, è stato proprio grazie al loglife di sua figlia Nicole che si è reso conto di non essere stato un buon padre, dopo aver rivisto un litigio del passato ed aver appurato che era stato lui a dire delle frasi offensive che aveva attribuito a lei per molti anni. Lui stesso all’inizio aveva ipotizzato che questa tecnologia, usata dalle persone anche per farsi ragione durante i conflitti, poteva peggiorare i rapporti, eppure per lui è stato il contrario. Un video perenne della propria esistenza potrebbe peggiorare o migliorare la vita e i rapporti con gli altri? Da una parte sarebbe bello poter rivivere dei momenti ormai passati, magari con parenti defunti o figli cresciuti, ma dall’altra ci sono parti della nostra vita che vorremmo poter cancellare, quindi un loglife che va a pescare video secondo criteri di ricerca pronunciati durante un dialogo, stile Google, sarebbe anche fastidioso e inquietante. Troverei inutile anche questo.

Vi ringrazio per aver letto l’articolo, vi auguro una buona lettura del libro 🙂

PS: per chi fosse interessato, il telefilm Arrival è disponibile su Netflix!

“Ognuno di noi, oggi, rispecchia una cultura orale privata. Riscriviamo il nostro passato in modo che assecondi le nostre esigenze e avvalori la storia che raccontiamo di noi stessi. Con i nostri ricordi siamo tutti colpevoli di un’interpretazione progressista delle nostre storie personali, perché vediamo i noi stessi del passato come i gradini che ci hanno portato a essere gli splendidi noi del presente.” Respiro, T. Chiang