Dopo più di un mese, fra vacanze e impegni non rimandabili, ritorno per condividere le recensioni su un altro grande classico della letteratura italiana. Sto parlando di Cuore di Edmondo de Amicis.
Ho scoperto questo libro in estate, fra la seconda e la terza media. Faceva parte di un gruppo di letture (consigliate e non) assegnateci dalla mia prof di Letteratura. Mi ricordo che per diverse ragioni personali non mi ero potuta dedicare a tutti i 10 titoli, ma quelli che ho letto me li ricordo ancora oggi. Fra questi c’era appunto, Cuore.

Per chi non lo sapesse, si tratta di un’opera pubblicata nell’ottobre del 1886, diventato fin da subito un successo nazionale con ben 40 edizioni nel giro di un anno! Il titolo suggerisce i sentimenti con i quali è stato scritto dall’autore che si rivolge in primis ad un pubblico fanciullesco con le vicende di Enrico, sottendendo un significato simbolico più ampio diretto agli adulti.
Narrato in prima persona, attraverso le circa 250 pagine, scopriamo una realtà storica e sociale contemporanea all’autore comprensibile agli occhi di un bambino, poiché il primo ad essere così piccolo è lo stesso protagonista. Enrico, di ceto borghese, frequenta la terza elementare in un sistema scolastico molto lontano dal nostro. Trascrive i suoi pensieri, le sue esperienze e le novelle che vengono raccontate. Attraverso i suoi occhi conosciamo uno spaccato di vita che forse potrebbe associarsi all’infanzia dei nostri nonni, quando non sempre c’era la possibilità di studiare e il lavoro minorile era la prassi. Secondo me, è un libro adatto agli adolescenti perché ti spinge a riflettere, a guardare la tua situazione scolastica in uno specchio di altri tempi e considerare quanti passi avanti abbia fatto il nostro sistema sociale. Mi ricorda i racconti di mia nonna, sebbene sia nata quasi mezzo secolo dopo e appartenesse ad un grado sociale differente da Enrico, quando da piccola riceveva a scuola bacchettate sulle mani se si comportava male e le famiglie molto povere preferivano farsi aiutare nel lavoro dai figli, spesso avviandoli ad un mestiere che già apparteneva ai genitori. Mia nonna così si è ritrovata a lavorare nei campi a meno di 10 anni.
Non manca nella narrazione, un chiaro intento da parte dell’autore, di ispirare sentimenti di patriottismo, reduci dall’Unità d’Italia avvenuta proprio il 17 marzo del 1861. I fatti narrati si svolgono durante il regno di Umberto I, incoronato nel 1878. Insieme all’elogio per la patria, scorgiamo riferimenti alla sacralità, alle festività cristiane e, infine, molto importante, i valori di famiglia attraverso il rispetto e l’ubbidienza ai propri genitori, la devozione, lo spirito di sacrificio, la solidarietà fra ceti sociali differenti,…ecc..insomma, delle fondamenta sulle quali, secondo l’autore, l’Italia stava costruendo il suo glorioso presente e futuro.
Sarei curiosa di sapere cosa ne penserebbe ora De Amicis del nostro Paese, fra valori forse andati perduti e un popolo sempre più deluso. Voto massimo naturalmente.
“I tuoi libri sono le tue armi, la tua classe è la tua squadra, il campo di battaglia è la terra intera, e la vittoria è la civiltà umana.” Cuore, E. De Amicis