La mia idea era quella di far uscire un articolo su un best seller a fine gennaio, ma altri impegni e la lettura stessa, hanno tardato i miei buoni propositi. Francamente con Hosseini pensavo di andare sul sicuro e, invece, mi sono ricreduta.

Terzo romanzo del celeberrimo Khaled Hosseini, la quarta pagina di copertina de E l’eco rispose ci fornisce le premesse per un romanzo destinato a donarci forti emozioni: un padre e i suoi due figli sono in viaggio verso Kabul, partendo dal loro piccolo villaggio povero Shadbagh. Sul loro carretto rosso Sabur, il padre, ha caricato Pari, la figlia di tre anni. Invano ha cercato di rimandare a casa il figlio Abdullah. Il ragazzino ha deciso che li accompagnerà a Kabul e niente potrà fargli cambiare idea: il legame tra i due fratelli è troppo forte. C’è qualcosa che lo turba per tutto il viaggio e, quando giungono a destinazione, un avvenimento cambia le loro vite per sempre.
Mi ricordo che diversi anni fa, pochi mesi dopo la sua uscita, avevo chiesto a mia zia cosa ne pensasse al riguardo. La sua risposta è stata una smorfia di disgusto prima di esprimere la sua delusione. Lì per lì ho sperato che fosse solo una sua impressione, forse un po’ esagerata, per questo ho deciso di comprare il romanzo appena trovato in offerta. Dopo Mille Splendidi Soli, che per altro ho già recensito, ero carica di aspettative. Ma quando sono arrivata all’ultima pagina, ho chiuso il manoscritto con un enorme “Bah…”. Per me le premesse c’erano tutte, ma lo sviluppo della storia è stato talmente tanto prolisso e intricato, da creare solo confusione. I primi capitoli, infatti, mi hanno tenuta incollata alle pagine con il fiato sospeso, poi però hanno iniziato a inserirsi personaggi di contorno con i loro punti di vista e storie personali. Ha fatto un giro talmente largo che quando sono arrivata al gran finale, ero così snervata dalla noia, che non mi ha suscitato nemmeno chissà che emozioni. Inoltre, i numerosi flashback che sopraggiungono uno dietro l’altro, non fanno altro che rendere ancora più confusionario il quadro generale della narrazione.
ATTENZIONE SPOILER!!!!! La mia delusione è data dal fatto che sembra abbia inserito degli episodi inutili giusto per aumentare il numero delle pagine. È stato come leggere parti di altri romanzi dentro ad uno solo: ad un certo punto parla lo zio Nabi in prima persona, dilungandosi fino alla noia. Mi immagino il dott. Varvaris che legge sta lettera infinita e si addormenta di tanto in tanto perdendosi in logorroici discorsi su come trascorrevano le giornate il signor Wadhati o Nabi stesso. Come se non bastasse si aggiunge la storia di Idris e Timur che leggi fino alla fine sperando di capirne il nesso e invece no: finisce solo con la migliore figura di cioccolata che abbia mai letto in un libro e poi personaggi spariti nel nulla. Ciliegina sulla torta, il lunghissimo excursus sulla vita del chirurgo Markos Varvaris, con una memoria peggio degli elefanti, dato che si ricorda dialoghi inutili risalenti alla sua infanzia avvenuta decenni prima, che comunque non porta a niente perché già sai che ha chiamato Pari per leggerle la lettera dello zio Nabi. Anche qui ti viene da dire “Embé?”. Mentre Markos racconta si inseriscono episodi a caso della sua vita dove non si sa dove sia stato e quando, ma ha conosciuto gente e ha visto cose che voi umani…Che poi sono anche storie interessanti, ma forse per altri libri, perché qui volevo sapere solo dei due fratelli, anzi tre se ci aggiungiamo il fratellastro Iqbal. Per assurdo di Abdullah non sappiamo quasi niente: solo informazioni generiche date dalla figlia. Ma almeno lui che si ricordava della sorella, non poteva fare un tentativo per cercarla? Lo zio è morto pure tardi! Per rendere il tutto più drammatico lo rivediamo solo alla fine, ormai in piena demenza senile, forse Alzheimer, che non riconosce più nemmeno la sorella. Poteva essere un finale struggente, ma l’intero libro non mi ha fatto affezionare abbastanza ai protagonisti: troppo occupata a capire il nesso logico per la presenza di tutte le altre storie. Come se scrivessi la biografia di, che so, Jane Austen e dedico centinaia di pagine alla vita del lattaio e del tizio che ha venduto i maiali al padre. Ma perché?
Voto 2/5
“Imparai che il mondo non vede la tua anima, non gliene importa un accidente delle speranze, dei sogni e dei dolori che si nascondono oltre la pelle e le ossa. Era così: semplice, assurdo e crudele.” E l’eco rispose, K. Hosseini