Harry, il ritorno!

Dopo settimane mi accingo finalmente a scrivere una breve recensione sul secondo volume della saga fantasy più famosa del mondo: Harry Potter di J. K. Rowling.

La trama de La Camera dei Segreti è nota a tutti: Harry si trova al secondo anno di magia e stregoneria di Hogwarts, raggiunto non senza impedimenti, che gli sono costati quasi l’espulsione per colpa dell’elfo Dobby. Tuttavia, Harry e i suoi amici cominciano a notare che i compagni di scuola vengono colpiti da uno strano incantesimo, legato in qualche modo all’origine della leggendaria Camera dei Segreti. Come sempre si ritroveranno alle prese con un mistero legato alla magia oscura, per far luce su ciò che sta realmente succedendo e risolvere l’enigma che mette in pericolo tutti.

Quando ho letto il secondo capitolo, ormai avevo già visto il film non so quante volte, quindi posso dire che mi è sembrato abbastanza fedele. Devo ammettere, che avendo ormai la mia breve memoria occupata dalla trasposizione cinematografica, mi risulta difficile ricordarmi eventi essenziali nella narrativa che hanno segnato la linea di demarcazione. Forse, perché in fin dei conti non ci sono. È risaputo infatti che C. Columbus, regista dei primi due, si sia mantenuto abbastanza vicino agli eventi.

Le differenze non sono molte e inoltre, risultano un po’ insignificanti a parer mio. Per esempio, quando Ron e Harry si recano nel bosco alla ricerca di Aragog, vengono scortati di peso insieme al cane Thor e portati dal capo, trovandosi a penzoloni tenuti dalle zampe di ragni giganti. Oppure, nel libro viene spiegato meglio il ruolo di Ginny e il suo rapporto con il diario di Riddle, mentre nel film il collegamento non mi era sembrato così esplicativo. O ancora, la strategia di Harry per liberare il povero Dobby, che prevedeva sempre un calzino, ma usato come sacca per contenere il libro.

Per quanto riguarda lo stile, stiamo ancora parlando di un libro che si avvicina più al mondo fanciullesco, pur senza annoiare e lo dice una che, oramai, la storia dei primi volumi la sa a memoria. È anche vero che lo sprone per proseguire è dovuto alla curiosità di scoprire maggiori dettagli sul passato di Voldermort, Silente o altri personaggi secondari, particolari che si sono persi per strada con i lungometraggi successivi.

Insomma, una storia che a livello letterario ancora non esplode, ma comunque piace. Voto 4/5.

Julia

“Sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità.” Harry Potter e la Camera dei Segreti, J. K. Rowling

Tutto torna – G. Carcasi

Essendo domenica, oggi avrei dovuto dare degno riposo alla mia tastiera, oltre che ai miei occhi! A maggior ragione, avendo la mia gatta che continua a fissarmi con aria truce da sotto la sedia, mentre allunga una zampa per darmi una graffiata al braccio! Ma non potevo rischiare di far passare altri giorni senza recensire un libro appena finito: Tutto torna di Giulia Carcasi.

Cominciamo dalla trama: Diego è un professore universitario di Pisa che sta lavorando alla revisione di un vocabolario. Nella sua vita cataloga tutto, comprese le emozioni, un po’ come fa con le parole che chiude nei barattoli. Un giorno, durante uno dei suoi spostamenti tra Roma, dove abita, e Pisa, il treno si ferma in galleria per un guasto. Le luci si spengono e Diego sviene. Sarà la voce di Antonia a tirarlo fuori dallo stato di incoscienza. Fra loro nasce una storia d’amore che sembra perfetta, fino a quando non entra in scena la menzogna.

Un romanzo brevissimo, che si legge in un giorno se si è di luna buona (io ce ne ho messi due, tanto per dire). Le 120 pagine proseguono con un ritmo altalenante, un po’ a singhiozzi: frasi brevi, ripetizioni continue, descrizioni concise. Gli unici periodi lunghi sono quelli che contengono massime di vita, a volte non immediatamente comprensibili. Le vicende dei personaggi vengono catalogate in base al giorno in cui sono avvenute, in linea con la personalità di Diego, ma all’interno di un capitolo si possono saltare anni di vita nell’arco di due parole, lì per lì lasciando un po’ confusi.

Penso che questo stile di scrittura o si ama o si odia. Dal mio punto di vista, per quanto comprenda la logica di scelta, non l’ho apprezzato per niente. Procedere a singhiozzi non mi coinvolge abbastanza nella storia: preferisco una prosa più articolata, che mi fa addentrare dolcemente e costruisce un mondo di particolari. Così no, mi sembra una serie di appunti non finiti, una bozza di libro che potrebbe evolversi in una bellissima storia d’amore, ma rimane lì, a darsi solo una definizione come parole sul vocabolario. Senza contare che, con questo tipo di narrazione, i personaggi mi sono sembrati bidimensionali.

Le pagine scorrono perché semplicemente c’è poco da leggere, tutto qua. Quando l’ho finito non mi ha lasciato niente, solo l’esclamazione sul finale: due secondi di stupore e fine. Di solito, quando termino un romanzo ci penso per giorni, ma qui la mattina dopo già me lo stavo scordando.

E niente, il “prendi 2 a 9,90” non sempre va a nostro favore… =) Tuttavia, sarei curiosa di provare gli altri suoi successi: Io sono di legno e Ma le stelle quante sono.

Voto 2/5.

Julia

“Se qualcuno non sta al proprio posto, dopo vari aggiustamenti, quel posto verrà occupato da qualcun altro.” Tutto torna, G. Carcasi

Grandi classici: l’amore ai tempi del colera

Avrei voluto scrivere questa recensione stanotte, ma i miei occhi dopo il lavoro urlavano pietà, perciò ho lasciato perdere. Anche perché, visto che avrei dovuto scrivere riguardo ad un grande classico “intoccabile”, sarebbe stato meglio farlo con la coscienza lucida e attiva!

Veniamo alla trama, che riporto soprattutto per quelle brutte perzone che, come me, sono rimaste indietro nella lettura dei grandi classici. Il protagonista indiscusso di questo romanzo, non è tanto Florentino Ariza, ma il suo amore incondizionato nei confronti di Fermina Daza, una fanciulla con la quale ha vissuto per breve tempo un amore platonico, e che poi l’ha rifiutato una volta diventata più matura. Florentino non la dimentica mai, struggendosi mentre lei prosegue con la sua vita e si sposa con il giovane medico Juvernal d’Urbino. Dovrà attendere esattamente cinquantatré anni, sette mesi e undici giorni, prima di poter vedere realizzato il suo sogno.

Un romanzo celebre, pubblicato per la prima volta agli inizi degli anni ’80 e che, a distanza di decenni, ancora continua ad essere apprezzato anche dalle generazioni più giovani.

Per quanto mi riguarda, la mia opinione si è letteralmente spaccata, perché ho dovuto prendere in considerazione aspetti diversi del libro e, ancora adesso, non saprei dare un voto personale univoco. Partendo dallo stile di scrittura, è innegabile quanto la mano di Marquez sia a dir poco magistrale. La sua narrazione, per quanto presenti molti punti ripetitivi, coinvolge e stupisce: le metafore sono usate con arguzia e le pagine scorrono veloci, in una narrazione che rispecchia lo stato d’animo del protagonista. Difatti, in maniera poetica ci viene trasmesso tutto il senso di frustrazione di Florentino di fronte ad una donna che non può avere. Certo, si consola con il restante 99,9% del pianeta Terra, ma alla fine rimane solo un senso di solitudine e, a parer mio, la sua figura suscita una grande pena. Del resto, persino Fermina quando lo scorgeva dalla finestra della sua abitazione, era solita esclamare “Pover’uomo!”.

Di contro, non sono riuscita a simpatizzare per niente con il protagonista. Non solo mi ha fatto pena all’inizio, ma via via che proseguivo nella lettura ho cominciato a non sopportarlo! Parto dicendo che per me, il suo non è amore, anzi, sembra più un’ossessione nei confronti di una donna che nemmeno conosce. Florentino si innamora dell’idea angelica che ha di Fermina, un po’ come Dante con la sua Beatrice.

Adesso parto con lo SPOILER!

Alla fine, quando lei rimane vedova, lui riprende a corteggiarla in maniera molto dolce, lo ammetto. Ma la magia si spegne subito: lei sembra che si conceda per fuggire alla cruda mediocrità della sua vita (non a caso si rifiuta di scendere dal battello, per continuare a vivere in una sorta di sogno sospeso), lui è contento perché ha raggiunto il suo scopo, che suona quasi come un accanimento egoistico. Fra l’altro, non dimentichiamoci che, proprio sul finale, Florentino raggiunge livelli di squallore degni di nota, quando da ultrasettantenne intraprende una relazione con una ragazza di appena quattordici anni, approfittando del fatto che sia stato nominato suo tutore. Lui stesso ci tiene a precisare che gli sembra una bambina, come se la cosa fosse normale. Quando lei si suicida, ciò che conta è aver raggiunto il suo scopo: due lacrime in bagno, della serie “ammazzà se l’ho fatta grossa stavolta!”, e passa la paura. Caro Florentino, non è che Fermina si sia persa sta grande occasione…

Voto 3/5.

“Ben diversa sarebbe stata la vita per tutti e due se avessero saputo per tempo che era più facile eludere le grandi catastrofi matrimoniali che le minuscole miserie di ogni giorno. Ma se avevamo imparato qualcosa insieme era che la saggezza ci arriva quando non serve più a nulla.” L’amore ai tempi del colera, G.G.Marquez