Avrei voluto scrivere questa recensione stanotte, ma i miei occhi dopo il lavoro urlavano pietà, perciò ho lasciato perdere. Anche perché, visto che avrei dovuto scrivere riguardo ad un grande classico “intoccabile”, sarebbe stato meglio farlo con la coscienza lucida e attiva!

Veniamo alla trama, che riporto soprattutto per quelle brutte perzone che, come me, sono rimaste indietro nella lettura dei grandi classici. Il protagonista indiscusso di questo romanzo, non è tanto Florentino Ariza, ma il suo amore incondizionato nei confronti di Fermina Daza, una fanciulla con la quale ha vissuto per breve tempo un amore platonico, e che poi l’ha rifiutato una volta diventata più matura. Florentino non la dimentica mai, struggendosi mentre lei prosegue con la sua vita e si sposa con il giovane medico Juvernal d’Urbino. Dovrà attendere esattamente cinquantatré anni, sette mesi e undici giorni, prima di poter vedere realizzato il suo sogno.
Un romanzo celebre, pubblicato per la prima volta agli inizi degli anni ’80 e che, a distanza di decenni, ancora continua ad essere apprezzato anche dalle generazioni più giovani.
Per quanto mi riguarda, la mia opinione si è letteralmente spaccata, perché ho dovuto prendere in considerazione aspetti diversi del libro e, ancora adesso, non saprei dare un voto personale univoco. Partendo dallo stile di scrittura, è innegabile quanto la mano di Marquez sia a dir poco magistrale. La sua narrazione, per quanto presenti molti punti ripetitivi, coinvolge e stupisce: le metafore sono usate con arguzia e le pagine scorrono veloci, in una narrazione che rispecchia lo stato d’animo del protagonista. Difatti, in maniera poetica ci viene trasmesso tutto il senso di frustrazione di Florentino di fronte ad una donna che non può avere. Certo, si consola con il restante 99,9% del pianeta Terra, ma alla fine rimane solo un senso di solitudine e, a parer mio, la sua figura suscita una grande pena. Del resto, persino Fermina quando lo scorgeva dalla finestra della sua abitazione, era solita esclamare “Pover’uomo!”.
Di contro, non sono riuscita a simpatizzare per niente con il protagonista. Non solo mi ha fatto pena all’inizio, ma via via che proseguivo nella lettura ho cominciato a non sopportarlo! Parto dicendo che per me, il suo non è amore, anzi, sembra più un’ossessione nei confronti di una donna che nemmeno conosce. Florentino si innamora dell’idea angelica che ha di Fermina, un po’ come Dante con la sua Beatrice.
Adesso parto con lo SPOILER!
Alla fine, quando lei rimane vedova, lui riprende a corteggiarla in maniera molto dolce, lo ammetto. Ma la magia si spegne subito: lei sembra che si conceda per fuggire alla cruda mediocrità della sua vita (non a caso si rifiuta di scendere dal battello, per continuare a vivere in una sorta di sogno sospeso), lui è contento perché ha raggiunto il suo scopo, che suona quasi come un accanimento egoistico. Fra l’altro, non dimentichiamoci che, proprio sul finale, Florentino raggiunge livelli di squallore degni di nota, quando da ultrasettantenne intraprende una relazione con una ragazza di appena quattordici anni, approfittando del fatto che sia stato nominato suo tutore. Lui stesso ci tiene a precisare che gli sembra una bambina, come se la cosa fosse normale. Quando lei si suicida, ciò che conta è aver raggiunto il suo scopo: due lacrime in bagno, della serie “ammazzà se l’ho fatta grossa stavolta!”, e passa la paura. Caro Florentino, non è che Fermina si sia persa sta grande occasione…
Voto 3/5.
“Ben diversa sarebbe stata la vita per tutti e due se avessero saputo per tempo che era più facile eludere le grandi catastrofi matrimoniali che le minuscole miserie di ogni giorno. Ma se avevamo imparato qualcosa insieme era che la saggezza ci arriva quando non serve più a nulla.” L’amore ai tempi del colera, G.G.Marquez