Grandi Classici: Uno, Nessuno e Centomila

In questo periodo per finire un libro sto impiegando davvero un’eternità: complice la mancanza di tempo causata dal tanto lavoro (e menomale!) e la mia lentezza spropositata nella lettura.

Fra l’altro mentre sto scrivendo – ora locale 22.53 – si può dire che sia il ritratto della gioia e fra le cause scatenanti ci possono essere:

  • I peperoni ripieni che non ho digerito dal pranzo
  • Le palpebre che stanno per chiudere i battenti
  • La stagione delle piogge che non ha nessuna intenzione di darci tregua

Insomma, problemi esistenziali di una certa portata, ma non sono nulla in confronto a quelli di Pirandello in Uno, Nessuno e Centomila, anticipando di quasi cent’anni la crisi di identità dell’uomo contemporaneo.

Per chi non lo conoscesse ancora, ammesso che ci sia davvero qualcuno, si tratta di un lungo monologo di Vitangelo Moscarda, vittima di una tragica vicenda, ovvero la scoperta di essere estraneo a sé stesso. E come è iniziato il tutto? Da un naso storto che pende verso destra!

Non fraintendete, non derido affatto Pirandello, anzi, per me era un genio, perché riusciva sempre a mettere in discussione anche ciò che diamo per assodato, persino le poche certezze che abbiamo nella vita, alla faccia del Relativismo.

Quel povero Moscarda nel libro era stato etichettato come un pazzo, ma aveva ragione! Come ci vediamo noi, non è come ci vedono gli altri e neanche come siamo realmente. Se ad un primo impatto può sembrare una conclusione banale, in realtà porta ad una cascata di conseguenze. Per esempio, a quanti di noi è capitato di accusare gli altri di averci frainteso o di non conoscerci abbastanza? E se fossimo noi in realtà a non conoscerci veramente?

Sono convinta che ognuno di noi costruisca un’immagine di sé stesso mischiando desideri, paure, convinzioni per dare un senso logico a dei comportamenti altrimenti inspiegabili ecc. Poi ci autoconvinciamo che sia quella corretta – del resto, chi può conoscerci meglio di noi stessi? – e lottiamo con le unghie e con i denti per far sì che anche gli altri la vedano come tale.

Ci danno dei permalosi? È perché non capiscono di essere offensivi. Ci dicono che siamo esagerati? “Non sai perché agisco così!” è la nostra risposta. Ci fanno un complimento? Anche lì andiamo in crisi pensando che siano stati troppo buoni.

Non solo, anche gli altri ci mettono del loro, perché una volta che si fanno un’idea su una persona, quella non si schioda ed ogni suo comportamento troverà sempre una spiegazione all’interno di quella stessa idea. Avete notato che se vi sta antipatico qualcuno, anche se dovesse diventare un missionario, comunque trovereste una ragione per storcere il naso?

Eppure, ci saranno pure degli elementi oggettivi su cui basarsi, una sorta di punto di partenza? Pirandello smonta anche quelli in un modo che ancora fatico a comprendere.

Insomma, ci sarebbe tanto da discutere, ma lascio la parola al maestro (anche perché è ora di andare a dormire). Direi che il lento declino del povero Moscarda è più che sufficiente per comprendere il concetto e far diventare un po’ pazzi anche voi!

Voto 5/5.

Julia

“Una realtà non ci fu data e non c’è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.” Uno, Nessuno e Centomila di L. Pirandello

Il Petrolio di Alarico: pubblicazione postuma

Sono diversi giorni, se non settimane, che non termino un libro e faccio una recensione, ma il tempo non sempre è nostro amico (anzi, direi mai!) e, anche se soffro di insonnia, rimango comunque stordita, oltre che parecchio nervosa, nelle mie ore di veglia notturna.

Questa sera mi sono riproposta di non cedere all’impazienza e di sforzarmi di adoperare il tempo perso in maniera costruttiva: ovvero, invece di imprecare rumorosamente guardando mio marito dormire placidamente come un neonato, ho deciso di leggere un romanzo già iniziato, che in questo caso è stato Il Petrolio di Alarico di Rocco Donato Alberti, pubblicato postumo dalla sorella Roberta.

Questo libro è stato un mix di storia e fantapolitica che l’autore ha saputo sapientemente mischiare, dimostrando grande cultura e conoscenza a proposito di geografia, eventi importanti realmente accaduti e situazioni politiche. A queste nozioni interessanti ha aggiunto uno sfondo distopico, facente parte di un futuro più vicino di quanto si pensi, anche se per la datazione non c’è una precisa definizione.

Nel mondo immaginato da Alberti l’Italia è dilaniata su più fronti: si respira aria secessionista e ovunque, dai piccoli comuni a intere regioni, si rivendica il diritto di indipendenza dal potere centrale. Nel Sud questa ribellione è capitanata da Lello Capitani, detto Professo’, attorno al quale si raccoglie un nutrito gruppo di discepoli.

Come se non bastasse, si aggiunge anche la drammatica situazione climatica, con un innalzamento spaventoso delle temperature che comporta climi tropicali anche in pieno inverno, e una fenomeno misterioso che colpisce le gravide, in quanto incapaci di partorire senza causare la morte del feto e/o di sé stesse.

Dunque, dal punto di vista stilistico e come già anticipato, è palese che sia stato scritto da una persona di grande cultura, sia per il linguaggio che rimanda ad autori classici sia per la precisione di informazioni reali che si incastrano perfettamente alle vicende frutto della fantasia dell’Alberti, rendendole oltremodo verosimili. Ciò che secondo me ha stonato è la presenza troppo consistente di refusi, quantomeno nella versione eBook, che riporta errori di grammatica anche piuttosto gravi. In circostanze normali mi avrebbero fatto desistere dalla lettura, perché a mio avviso se sono troppi disturbano il ritmo, ma in questo caso ho accantonato volentieri la mia pignoleria.

Un’altra critica che mi sento di fare è quella che riguarda la caratterizzazione dei personaggi: nulla da dire su quelli maschili, che non solo spesso danno voce ai pensieri stessi dell’autore, ma hanno una loro evoluzione nel corso della storia. Per quanto riguarda quelli femminili, invece, ho notato una visione dicotomica che mi ha lasciata perplessa: da una parte ci sono le avvenenti superficiali, piene di trucco e di facili costumi, mentre dall’altra abbiamo la bellezza pura e incontaminata, quasi salvifica, di donne-madri.

Ecco, mi è sembrata una distinzione un po’ maschilista, se devo essere brutale, proprio perché ad un certo punto sembra proprio che sia la gravidanza stessa ad avere il potere di redimere le persone e lo stesso pianeta, ricalcando addirittura la figura di Cristo, mentre le altre, finché non dimostrano atteggiamenti materni, portano sostanzialmente alla perdizione. Ma non dico di più, altrimenti fornisco troppe informazioni importanti.

Insomma, lo consiglio? Sì, perché tutto sommato è una storia originale, che alla fine spinge a riflettere sulla corruzione reale di chi detiene il potere (o vorrebbe averlo), capace di barattare un intero paese in cambio di denaro per condurre uno stile di vita agiato. Alla fine importa solo uscirne puliti agli occhi degli altri, invece di fare concretamente qualcosa di positivo, che ricalchi in qualche modo degli ideali nobili per cui lottare ad ogni costo.

Voto 3/5.

Julia