Il Petrolio di Alarico: pubblicazione postuma

Sono diversi giorni, se non settimane, che non termino un libro e faccio una recensione, ma il tempo non sempre è nostro amico (anzi, direi mai!) e, anche se soffro di insonnia, rimango comunque stordita, oltre che parecchio nervosa, nelle mie ore di veglia notturna.

Questa sera mi sono riproposta di non cedere all’impazienza e di sforzarmi di adoperare il tempo perso in maniera costruttiva: ovvero, invece di imprecare rumorosamente guardando mio marito dormire placidamente come un neonato, ho deciso di leggere un romanzo già iniziato, che in questo caso è stato Il Petrolio di Alarico di Rocco Donato Alberti, pubblicato postumo dalla sorella Roberta.

Questo libro è stato un mix di storia e fantapolitica che l’autore ha saputo sapientemente mischiare, dimostrando grande cultura e conoscenza a proposito di geografia, eventi importanti realmente accaduti e situazioni politiche. A queste nozioni interessanti ha aggiunto uno sfondo distopico, facente parte di un futuro più vicino di quanto si pensi, anche se per la datazione non c’è una precisa definizione.

Nel mondo immaginato da Alberti l’Italia è dilaniata su più fronti: si respira aria secessionista e ovunque, dai piccoli comuni a intere regioni, si rivendica il diritto di indipendenza dal potere centrale. Nel Sud questa ribellione è capitanata da Lello Capitani, detto Professo’, attorno al quale si raccoglie un nutrito gruppo di discepoli.

Come se non bastasse, si aggiunge anche la drammatica situazione climatica, con un innalzamento spaventoso delle temperature che comporta climi tropicali anche in pieno inverno, e una fenomeno misterioso che colpisce le gravide, in quanto incapaci di partorire senza causare la morte del feto e/o di sé stesse.

Dunque, dal punto di vista stilistico e come già anticipato, è palese che sia stato scritto da una persona di grande cultura, sia per il linguaggio che rimanda ad autori classici sia per la precisione di informazioni reali che si incastrano perfettamente alle vicende frutto della fantasia dell’Alberti, rendendole oltremodo verosimili. Ciò che secondo me ha stonato è la presenza troppo consistente di refusi, quantomeno nella versione eBook, che riporta errori di grammatica anche piuttosto gravi. In circostanze normali mi avrebbero fatto desistere dalla lettura, perché a mio avviso se sono troppi disturbano il ritmo, ma in questo caso ho accantonato volentieri la mia pignoleria.

Un’altra critica che mi sento di fare è quella che riguarda la caratterizzazione dei personaggi: nulla da dire su quelli maschili, che non solo spesso danno voce ai pensieri stessi dell’autore, ma hanno una loro evoluzione nel corso della storia. Per quanto riguarda quelli femminili, invece, ho notato una visione dicotomica che mi ha lasciata perplessa: da una parte ci sono le avvenenti superficiali, piene di trucco e di facili costumi, mentre dall’altra abbiamo la bellezza pura e incontaminata, quasi salvifica, di donne-madri.

Ecco, mi è sembrata una distinzione un po’ maschilista, se devo essere brutale, proprio perché ad un certo punto sembra proprio che sia la gravidanza stessa ad avere il potere di redimere le persone e lo stesso pianeta, ricalcando addirittura la figura di Cristo, mentre le altre, finché non dimostrano atteggiamenti materni, portano sostanzialmente alla perdizione. Ma non dico di più, altrimenti fornisco troppe informazioni importanti.

Insomma, lo consiglio? Sì, perché tutto sommato è una storia originale, che alla fine spinge a riflettere sulla corruzione reale di chi detiene il potere (o vorrebbe averlo), capace di barattare un intero paese in cambio di denaro per condurre uno stile di vita agiato. Alla fine importa solo uscirne puliti agli occhi degli altri, invece di fare concretamente qualcosa di positivo, che ricalchi in qualche modo degli ideali nobili per cui lottare ad ogni costo.

Voto 3/5.

Julia

Divergent – V. Roth

Non ho letto molti libri di genere fantascientifico, ma mi piacciono i film ambientati in futuri distopici, post evento apocalittico, dove la società umana in qualche modo si è riorganizzata sperando di non ricommettere gli stessi errori del passato. Non è un caso che, proprio in questo periodo, mi sto dilettando a giocare ad Horizon Zero Dawn 😛 Comunque, quando mio marito mi ha regalato Divergent di Veronica Roth, ero carica di curiosità.

Premesso, avevo già visto tutta la trasposizione cinematografica e diciamo che l’ho trovata godibile. Ma, avendo sentito che, per esempio, per Hunger Games i libri sono meglio dei film, ho pensato che anche in questo caso valesse il medesimo discorso. Allora, prima di tutto partiamo dalla trama del primo volume. Siamo in un futuro non ben specificato, nella città di Chicago post megacasinomondiale che ha distrutto tutto. All’interno delle mura, la società umana si è riorganizzata dividendosi in cinque fazioni: Abneganti, dediti all’altruismo e capi di tutti; Eruditi dediti alla conoscenza, diretti rivali dei precedenti; i Candidi che, per la loro inclinazione all’assoluta trasparenza, gestiscono la parte giurisdizionale della società; i Pacifisti che si occupano dell’agricoltura e sono simili ai figli dei fiori; e infine, gli Intrepidi che elogiano il coraggio e fanno da polizia di stato. In disparte e sostenuti solo dalla generosità degli Abneganti, ci sono gli Esclusi, ovvero tutti quelli che per un motivo X sono stati cacciati dalla fazione di appartenenza e ora sono condannati a fare l’elemosina.

Beatrice, la protagonista, fa parte del primo gruppo ma, dopo aver fatto il test attitudinale prima della Cerimonia della Scelta della fazione per la vita, si scopre essere Divergente: i risultati sono incerti, perché i suoi tratti dominanti corrispondo al profilo di tre gruppi differenti. Mantenendo comunque questo segreto e sentendo di non riuscire a vivere seguendo le restrizioni degli Abneganti, decide di andare con gli Intrepidi. Ma per entrare nella fazione occorre superare delle prove fisiche durissime e lei non crede di potercela fare.

Parto subito dicendo che l’idea di fondo l’ho considerata originale. È vero, visto il periodo in cui è uscito il romanzo, non era di certo nuovo il tema di una società futura post apocalittica. Tuttavia, trovavo interessante la suddivisione creata dalla Roth, dove gli umani, in maniera super ottimista, pensavano di fare funzionare le cose estremizzando delle nostre tendenze e segregandole in soli cinque gruppi. Difatti, le crepe di questo sistema iniziano a vedersi in maniera evidente e la struttura cigola rumorosamente. Dunque, dove sta il problema? Nello sviluppo naturalmente! Non si salva niente, né lo stile, né il contenuto. Parte benissimo e poi si perde diventando ripetitivo, banale, superficiale e ridicolo. Ci sono dei costrutti sintattici che ho trovato degni di un romanzetto per adolescenti, con parole che ritornano in maniera ridondante, molte incentrate sul fisico dei personaggi.

La storia, a mio avviso, è troppo concentrata su questa tresca amorosa adolescenziale dove un bisteccone super palestrato ma dal cuore d’oro si innamora perdutamente e senza ragione alcuna (non c’è niente di profondo, state tranquilli) di una tizia che un giorno fa la gatta morta e il giorno dopo diventa Wonder Woman nelle spoglie di una dodicenne. Una coppia che non mi dice niente e non mi ha fatto sentire per nulla coinvolta. All’improvviso si amano da morire e tu sei lì che cerchi di capire “ah ma ci stavano provando seriamente fra loro…”. Gli altri personaggi idem con patate: senza spessore e senza ragioni. Peter è cattivo perché sì, con i cani da guardia Molly e Drew monellacci che non sono altro! Non c’è pietà nemmeno per gli amici di Tris (wow che nome da dura!), che compaiono solo quando lei ne ha bisogno. Forse Ali aveva capito tutto e si è tolto di scena per darsi un minimo di dignità.

Ma poi vogliamo parlare del discorso fazioni? Come dicevo, era bella l’idea di mostrare quanto una società del genere non fosse auspicabile, ma proprio perché l’essere umano è così complesso da non poter essere segregato nel pensiero di una sola fazione. Si può essere altruisti e amare lo studio, per esempio. Ma questa cosa non la capiscono nemmeno i cervelloni Eruditi, tacciando come minacciosi i Divergenti. In ogni caso, i peggiori sono gli Intrepidi. Cioè, una fazione più scema della loro non potevano farla! “Bella zio, siamo troppo coraggiosi e avanti, per dimostrare di avere fegato saltiamo sul treno in corsa perché non ho sbatti di aspettare che si fermi, ci facciamo tatuaggi e piercing (ma perché dovrebbe essere una prerogativa di questa fazione? Posso capire gli Abneganti, ma gli altri?), accettiamo qualunque forma di violenza perché se sei intrepido non piangi come una frignina ecc…” Profondi eh…La loro filosofia non regge per un cavolo e ad un certo punto se n’è resa conto pure l’autrice perché accenna al fatto che una volta (tempo imprecisato) era una fazione migliore, più virtuosa, mentre ora sono rimasti solo palloni gonfiati.

Insomma, mi sarebbe piaciuto sapere di più su questo sistema, cosa studiavano i ragazzi a scuola? Quali erano le origini che raccontavano? E poi, “la conoscenza degli eruditi li ha portati alla sete di potere”, ma seriamente? Quindi voler studiare è una colpa? In questo primo volume, sinceramente, ho apprezzato di più la scelta di Caleb: aveva le idee chiare fin da piccolo a quanto pare, poi, non appena si è reso conto del marcio, è tornato indietro.

Voto 2,5/5.

Ora starete pensando: “Va beh, vista la recensione, sicuro non legge i prossimi.”

Julia Volta