Il profumo della rosa di mezzanotte – L. Riley

Non so se sia capitato anche a voi, ma era tempo che in libreria continuavano a catturare la mia attenzione diversi volumi della stessa autrice. Le copertine, che riportavano donne riprese di spalle in luoghi principeschi, hanno sempre stuzzicato la mia attenzione, ma non sapevo quale scegliere. Alla fine ho optato per Il Profumo della Rosa di Mezzanotte, autore Lucinda Riley, che presento in questo articolo.

Il libro inizialmente tratta parallelamente di due mondi che ad un certo punto si uniscono. Da una parte abbiamo l’India, dove l’anziana Anahita Chavan compie cento anni e, sebbene stia festeggiando con la sua numerosa famiglia, non può fare a meno di pensare al figlio che tutti credono sia defunto da piccolo. Lei è sicura che non sia così, dunque decide di affidare a suo nipote Ari il manoscritto dove ha annotato la storia della sua vita, nella speranza che il giovane possa scoprire cosa sia realmente accaduto. Intanto in un altro continente, più precisamente nel Dartmoor in Inghilterra, la bella e famosa attrice americana Rebecca Bradley si trova nella tenuta Astbury Hall per girare un film ambientato negli anni ’20. A causa del trucco che la fa assomigliare ad un’antenata del padrone di casa, diventa oggetto delle sue attenzioni a tratti inquietanti.

Devo dire che questo bel mattone di ben 611 pagine di storia è un percorso fatto di salti continui fra presente e passato e, anche se per certi versi può sembrare che l’autrice allunghi fin troppo il brodo in alcuni punti, devo dire che comunque la lettura scorre abbastanza velocemente. La descrizione dei paesaggi è ricca di dettagli e coinvolgente, soprattutto quella che riguarda i palazzi indiani o la tenuta nel Dartmoor. Ho apprezzato anche la maturazione e la mancanza di banalità dei protagonisti, che cambiano persino modo di ragionare nel corso degli eventi: non so se sia una “genialata” o un errore dovuto alla lungaggine del romanzo. Finale decisamente avvincente, un po’ thriller, anche se prevedibile in molti aspetti come nel resto del libro, ma tutto sommato l’ho trovato apprezzabile con un voto di 3 su 5.

ATTENZIONE, SPOILER IN QUESTO PARAGRAFO!!! Secondo me lo svantaggio nello scrivere questa storia è che fin dall’inizio c’è poco spazio all’immaginazione: si intuisce che Anahita abbia avuto una tresca amorosa con qualcuno che fa proprio parte della nobiltà inglese, altrimenti non si spiega tanta segretezza, anche se eccessiva a mio avviso, così come la prevedibilissima storia d’amore che nasce fra Rebecca e Ari sul finale; sappiamo anche che suo figlio è sopravvissuto tanti anni, così come il giorno in cui è morto perché la madre l’ha sentito grazie al suo “dono”. Insomma, uno si fionda nella lettura per capire che colpi di scena avrà messo in atto l’autrice, perché alla fine 600 pagine servono per dire cosa? Che il figlio che ha avuto, effettivamente era vivo ed è cresciuto in orfanotrofio (ma non mi dire!), tuttavia rimaniamo sbalorditi nell’apprendere che nella sua vita e senza saperlo, ha collaborato con la stessa madre per la fondazione di una clinica in India, in quanto diventato medico; oppure la storia d’amore fra il nonno di Anthony e Anahita, o l’amicizia eterna fra quest’ultima e Indira, ecc… A parte lo shock nello scoprire la schizofrenia di Lord Astbury che, diciamocelo, non è che fosse tanto registrato fin da subito, nella storia non ci sono chissà quanti colpi di scena, quelli che ti fanno esclamare un sonoro “NOOOOO”. Molte parti riportate sono prevedibili e, se non fosse per l’abilità della scrittrice nel tenerti incollato fino all’ultima pagina con una scrittura leggera e facendoti sperare in un evento sconvolgente, penso che a fatica si arriverebbe alla fine. Spero non sia lo stesso stile adottato per tutti gli altri romanzi, ma solo con la lettura si può scoprire.

Grazie per aver letto l’articolo, vi auguro una buona lettura del libro 🙂

“Come tuo padre, odi l’ingiustizia e ami la lealtà. Ma sii prudente, mia Anni, perché gli esseri umani sono creature complesse e le loro anime sono spesso grige, quasi mai bianche o nere. Dove pensi di trovare il bene, potresti scoprire la malvagità. E dove pensi ci sia soltanto il male, potresti restare sorpresa trovando anche il bene.” Il Profumo della Rosa di Mezzanotte, L. Riley

La principessa indiana – I. Sundaresan

Ciò che apprezzo nei romanzi storici, se fatti bene, è la capacità degli autori di riportare eventi realmente accaduti con una propria interpretazione, permettendoci di entrare nella vita di personaggi che hanno fatto la differenza, conoscendoli come fossimo presenti anche noi in quel tempo. Fra questi c’è il titolo di cui vi parlo ora, ovvero La Principessa Indiana di Indu Sundaresan.

Ci troviamo nell’India del 1631, quando l’imperatore Shah Jahan, rimasto vedovo dopo la morte dell’amatissima moglie, decide di costruire in memoria di lei un mausoleo che verrà annoverato fra le meraviglie del mondo: il Taj Mahal. Fra i suoi numerosi figli, spicca senz’altro la personalità della sua primogenita Jahanara, donna tanto bella quanto intelligente, che tenta di salvare le sorti del regno a fianco di un padre che a poco a poco si lascia andare al dolore per la perdita della donna della sua vita, contro i fratelli che lottano tra loro per ottenere l’eredità. Al tempo stesso cerca di celare al mondo la sua passione per un uomo inadatto al suo rango, pur di restare fedele al suo ruolo. Come ho accennato prima, fra le cose che più mi sono piaciute del romanzo, è il fatto che si percepisce nel corso della lettura, il lavoro di ricerca storica svolto dall’autrice, per altro riportato da lei stessa nella parte finale attraverso la bibliografia. Dove ci sono stati dei “buchi” informativi nella documentazione, sono stati sapientemente riempiti in maniera romanzata. Ne esce una storia che parla sì della costruzione di uno dei monumenti più spettacolari del mondo, descrivendone sia la costruzione, sia i materiali che la compongono e la loro disposizione, ma anche la vita e la crescita di una principessa in gamba, la cui saggezza ha preservato fino all’ultimo le sorti del regno, nonostante il suo pensiero fosse occupato anche dal dolore di non poter vivere serenamente la sua storia d’amore e nonostante in quel tempo, come ben sappiamo, la donna non contasse gran che. Per me è un 5 su 5.

ATTENZIONE, SPOILER IN QUESTO PARAGRAFO!!!! Quando il libro inizia vediamo la madre di Jahanara che muore di parto e lascia la gestione del palazzo alla figlia maggiore e termina quando la donna, rassegnata ormai all’inevitabile vittoria del fratello minore Aurangzeb e morte del padre, accetta di far parte del nuovo regno. Come spiega l’autrice, non si è mai capito per quale motivo Aurangzeb cercasse tanto l’approvazione della sorella, probabilmente perché è l’unica che mantiene una certa dignità fino all’ultimo. Tuttavia, ho notato che fra tutti i personaggi, quella che davvero sembra la sola dotata di saggezza sembra proprio la protagonista, soprattutto se contrapposta alla figura d’ombra della sorella Roshanara che dimostra un’indole subdola e sciocca, che tenta in ogni maniera di imitarla ma senza riuscirci. Per non parlare dei fratelli che si contendono il trono: l’unico che alla fine usurpa il potere con lo stesso modus operandi dei suoi antenati, viene visto come il “terribile”, quando invece a me sembrava semplicemente un principe che si è sentito messo da parte e per questo ha cercato in tutti i modi di dimostrare quanto fosse più valoroso dei suoi fratelli maggiori, facendo persino degenerare la situazione. Quello che cerco di dire è che, in tutta questa faida familiare, mi sembra un po’ forzato il fatto che l’unico personaggio a 360° sia solo quello di Jahanara, mentre gli altri diventano stereotipi di contorno. Probabilmente questo è un limite, purtroppo, presente in romanzi storici che, per mancanza di fonti, non può approfondire ogni singolo carattere senza scadere troppo nella fantasia. Peccato…

Grazie per aver letto l’articolo, vi auguro una buona lettura del libro 🙂

“Nessuna donna si affaccerà al jharoka fintanto che Bapa è imperatore. Credi che gli amir rispettassero Nur Jahan per le sue azioni? Ridevano di lei. Il posto per una donna, il nostro posto Roshan, è dietro il velo, dietro le mura dello zenana, e se vuoi fare qualcosa, qualsiasi cosa, devi farla da qui, in questo spazio.” La Principessa Indiana, I. Sundaresan