L’Inverno dei Leoni – S. Auci

Dopo più di un anno, giusto per iniziare il 2023 col “botto”, ho deciso di riprendere in mano la saga dei Florio, per terminare la loro storia e scoprire in qualche modo come sia stato possibile perdere tanti soldi e tanto prestigio.

Dunque, già gli ultimi giorni di dicembre avevo iniziato L’Inverno dei Leoni di Stefania Auci, senza avere grandissime aspettative, anche se leggendo le recensioni per molti questo secondo volume è stato meglio del precedente.

Insomma, dopo interminabili settimane, finalmente l’ho concluso.

La storia si divide grosso modo in due blocchi: il primo si concentra sull’ulteriore ascesa dell’impero dei Florio, che questa volta ha come protagonista il giovane Ignazio, un uomo pacato, rispettoso, riservato, ma anche molto tormentato da un amore che non ha mai potuto vivere, perché costretto, in un certo senso, a sposare Giovanna per le sue nobili origini.

Nella seconda parte, che è quella più consistente, si assiste al loro lento declino economico, guidato dalla presunzione dell’erede Ignaziddu, che è stanco di mettere gli interessi della famiglia al primo posto: lui vuole sentirsi libero e godersi i piaceri della vita, perché stare ore dietro ad una scrivania lo deprime.

Ciò lo porta a sposare la bellissima Franca, che inizialmente si mostra come una ragazza piuttosto ingenua, ma nel corso del tempo diventa molto astuta e intelligente. Non a caso, era una delle donne più influenti del suo tempo…

Mi ricordo che andando a rileggere la mia recensione sul primo volume, ero stata molto aspra nelle critiche, perché a parer mio c’erano troppe cose che non funzionavano nella narrazione.

Il problema è che anche volendo indorare la pillola, questa volta la conclusione non è molto diversa: se nel precedente libro non era chiaro come i Florio si fossero arricchiti, questa volta non viene ben spiegato perché siano calati così a picco, dando delle spiegazioni fin troppo frettolose e approssimative.

E proprio da qui parto col dire che ancora una volta la narrazione non mi ha convinta più di tanto: piatta, noiosa, prolissa, soporifera e persino ripetitiva, soprattutto per quanto riguarda i drammi amorosi, ai quali la Auci dedica gran parte dello spazio. In mezzo a questi episodi veniva inserita qualche riflessione ad effetto, tipo Baci Perugina, e lì pensavo “Finalmente una svolta nei personaggi o negli eventi!”. E invece, no! Sempre uguali, sempre gli stessi errori, pensieri, comportamenti.

Li hai conosciuti a 20 anni e saranno così anche a 50. Nessuna evoluzione o maturazione, il che mi sembra un po’ surreale sinceramente.

Un altro aspetto da puntualizzare sono le traduzioni: molti dialoghi sono in dialetto, come se tutti capissero il siciliano. Lo dico più per puntiglio, che per difficoltà personale; devo ringraziare le mie origini e quelle di mio marito (guarda caso è proprio palermitano) se comunque ho afferrato cosa volevano comunicare.

Infine, contesto storico inserito malissimo come nel primo volume, anche se ho avuto l’impressione che abbia provato a fare di meglio ed è l’unico motivo per cui do un voto in più; difatti, gli approfondimenti dei materiali erano molto interessanti, ma nulla più.

Due paginette per riassumere anni ricchi di eventi storici, che poi non influiscono neanche tanto sulla vita dei Florio, troppo presi dai loro problemi amorosi. E quando ne erano influenzati, la narrazione mi è sembrata fin troppo banale e ridicola, persino per quanto riguarda periodi storici più recenti, come le Guerre Mondiali.

In conclusione, a parer mio, un’occasione sprecata…

Voto 3/5.

[…] quei due si erano sposati senza aver mai fatto esercizio di pazienza, senza rendersi conto di cosa fosse lo spirito di sacrificio. Avevano creduto che ‘per sempre’ significasse viaggiare tutta la vita lungo un fiume ampio e placido. E invece voleva dire schivare le rocce, evitare i gorghi e i mulinelli, cercare di non finire mai in secca. Ci si riusciva solo se si remava entrambi nella stessa direzione, se si guardava il medesimo orizzonte.” L’Inverno dei Leoni, S. Auci

Tormentone: I Leoni di Sicilia

Con questo articolo vorrei inaugurare una nuova rubrica dedicata a quei libri che non si accontentano di essere dei semplici best seller, ma diventano dei veri e propri tormentoni, comparendo ovunque, sotto forma di migliaia di post dedicati o messaggi subliminali.

Uno di questi è I Leoni di Sicilia di Stefania Auci che, nonostante sia uscito nel 2019, a metà 2020 ancora si poteva vantare di trovarsi ai primi posti in classifica.

Quando la gente ha cominciato ad illudersi che il tormento fosse concluso, ecco che compare il secondo volume L’Inverno dei Leoni che fa ritornare la saga in auge. Ed è stato proprio in quel momento che ho deciso di leggerlo, chiedendomi: ma sarà veramente così bello come dicono?

Dunque, il materiale su cui bisognava lavorare era molto: stiamo parlando di una delle famiglie più influenti e ricche del panorama palermitano del XIX secolo, ovvero i Florio. Da un’attenta analisi della documentazione a disposizione si sarebbero potute prendere due strade:

-Una saga ricca di eventi storici ben documentati che si concatenano alle vicende della famiglia Florio, per spiegare in maniera romanzata come questa dalle umili origini abbia raggiunto tanto successo.

-Troppa roba! Scherziamo? Cerco su Wikipedia per inserire giusto qualche cenno storico a inizio capitolo, poi mi concentro sulle storie d’amore trasformandole in un penoso Harmony!

Secondo voi quale sarà stata la scelta?

È inutile girarci attorno: non mi è piaciuto per niente e non saprei neanche da che parte iniziare per spiegarne le ragioni! Prima di tutto lo stile l’ho trovato fastidioso: all’inizio la narrazione si alterna senza motivo fra tempo passato e presente; successivamente mantiene una certa coerenza, ma i periodi appaiono frammentati peggio che nei thriller, senza che ci si senta mai pienamente coinvolti.

Per quanto riguarda i personaggi, a me sono sembrati sempre uguali: non evolvono, non c’è maturazione, non c’è una sorta di cambiamento legato agli eventi o formazione. Nulla. Alcuni addirittura si assomigliano, come gli uomini della famiglia Florio. Altri spariscono nel dimenticatoio, attraverso espedienti raffazzonati per liquidare la loro assenza, come Vittoria o le figlie di Vincenzo.

Gli eventi storici sono appena accennati e quando se ne parla sembra di leggere un riassunto tratto alla meglio da Wikipedia, incastrato a forza nella storia della famiglia, senza che si riesca realmente a comprendere il filo logico degli eventi. Stesso discorso per quanto riguarda l’ascesa di questa famiglia: dall’oggi al domani sono pieni di soldi e tu ancora ti stai chiedendo il percorso che hanno intrapreso per arrivare a tale prestigio.

A parer mio c’era davvero tanto materiale interessante su cui lavorare, ma lo sviluppo è stato deludente sotto tutti i punti di vista. Sarà che sono reduce dalla maestria di Manfredi per ciò che riguarda il romanzo storico, oppure ho in mente la famiglia dei Malavoglia di Verga. O ancora, mi è rimasta nel cuore la poesia deleddiana espressa in Canne al Vento.

In questo caso non raggiungiamo nemmeno la sufficienza.

Non comprendo neanche perché il riassunto della copertina presenti Giuseppina e Giulia come due grandi donne, segno che chi l’ha scritto probabilmente non l’ha neanche letto tutto il romanzo.

Giuseppina è uno dei personaggi più antipatici, nonché fuori contesto: a quei tempi era consuetudine sposarsi per matrimoni combinati, perciò non si capisce il suo disappunto come se fosse stata l’unica a sopportare una tale sorte. Tant’è che quando il figlio cresce è lei stessa a cercare una sposa degna per lui. A proposito di istinto materno, anche qui si denota un rapporto morboso che la porta a consumarsi di gelosia, oltre che per il rancore.

Giulia, invece, decide di gettare via la propria dignità per stare dietro ad un gran narcisista, disposta ad annullarsi come persona pur di non perderlo.

In entrambi i casi non mi pare che si stia parlando di donne eccezionali.

E mi fermo qui perché avrei altro da aggiungere, ma non vorrei trattenervi fino a Capodanno.

Voto 2/5. Uniche note di merito: l’italiano e l’ultima pagina. Davvero.

Buone feste!

Julia