Agatha Raisin La quiche letale – M. C. Beaton

Quest’estate, prima di partire per le vacanze, mi sono piazzata davanti alla mia libreria per capire quale storia mi sarei potuta portare dietro, ovviamente lontana dallo sguardo indiscreto di Guerra e Pace che ancora aspetta di essere finito.

Dunque, per me la libreria funziona un po’ come l’armadio dei vestiti: ho tanta roba, ma non so mai quale tirare fuori.

Le caratteristiche che cercavo erano le seguenti:

  • Qualcosa di leggero, poco impegnativo;
  • Un po’ di humor che non guasta;
  • Copertina interessante.

La scelta è ricaduta su Agatha Raisin La quiche letale di M. C. Beaton, che persino dal titolo fa presagire il tipo di storia che andreste a trovare.

Già tempo fa mi ero scontrata con lo humor inglese grazie a La Sovrana Lettrice di Bennet che, a dispetto delle recensioni, avevo trovato tutt’altro che divertente.

Eppure, questa volta mi sono dovuta ricredere!

Insomma, la protagonista è Agatha, una cinquantenne londinese che ha avuto una carriera brillante come PR, ma ora ha deciso di vendere tutto per trasferirsi nella campagna dei Cotsworlds.

Avete presente quelle casettine carine che si vedono nelle cartoline o nei film tipo L’amore non va in vacanza? Quelle costruite in pietra con giardino fiorito, caminetto perennemente acceso e vicini di casa che ti sorridono sempre.

Ecco, anche Agatha si era illusa di una situazione del genere, salvo poi scoprire che i vicini sono fintamente cortesi e che il suo giardino fa pena perché non viene curato.

Lei non si arrende e pur di entrare nelle grazie dei 4 gatti che vivono in zona, decide di vincere (partecipare non basta) una gara di quiche, nonostante non abbia mai cucinato un uovo al tegamino.

Come se non bastasse, uno dei giudici ci resta secco dopo aver mangiato proprio il suo piatto!

Ovviamente i primi sospetti ricadono su di lei e la sua principale preoccupazione è quella di dover rivelare che la quiche in realtà non l’ha cucinata lei, ma era andata a comprarla in città.

Iniziano così le sue indagini per scoprire chi abbia davvero ucciso il giudice della competizione, attraverso una serie di malintesi e l’incontro con casi umani.

Anche se i colpi di scena non sono poi così tanti, questo libro si fa leggere con piacere perché è davvero divertente.

Agatha è molto lontana dai detective che siamo abituati a conoscere, con la loro eleganza ed incredibile arguzia nello sgusciare fra una prova e l’altra senza alzare un polverone.

Lei no: è scontrosa, diretta, non le manda a dire, se la prende con il mondo intero e ovunque vada combina guai.

Io l’ho trovata semplicemente fantastica e più volte mi ha strappato una risata.

Una lettura consigliata per chi sta cercando un romanzo leggero, divertente e che contenga un pizzico di mistero in stile signora Fletcher.

Fra l’altro, ho scoperto che è il primo di una lunghissima serie che conta una trentina di libri e non sono neanche gli unici scritti dall’autrice.

Difatti, la signora Marion Chesney (1936 – 2019) ha pubblicato decine e decine di libri, alcuni utilizzando il suo vero nome, altri dietro numerosi pseudonimi, come M. C. Beaton, Ann Fairfax, Jennie TremaineHelen CramptonCharlotte Ward, e Sarah Chester.

Una mente a dir poco geniale!

Voto 5/5.

Julia

La sorella perduta – D. Jefferies

Dopo qualche libro impegnativo, leggere qualcosa che abbia poche pretese, penso che sia la cosa migliore. Perciò non potevo fare altro che tornare dalle mie amatissime storie sul tè in tutte le salse! Questa volta ho preso un volume che stuzzicava un po’ la curiosità a giudicare dal titolo: La Sorella Perduta di Dinah Jefferies, la stessa autrice de Il Profumo delle foglie tè. Non lo sapevo, ma a quanto pare ne ha scritti almeno 7 appartenenti allo stesso ciclo letterario.

Comunque, passiamo alla trama. Siamo negli anni ’30 del secolo scorso, Belle Hatton è una giovanissima cantante che si trasferisce in Birmania dopo aver accettato di lavorare nel lussuoso hotel Strand. La meta non è stata scelta a caso: difatti, appena dopo la morte del padre, ha scoperto che venticinque anni prima i genitori erano fuggiti proprio da Rangoon, dopo aver perso la loro bambina Elvira. Belle desidera scoprire cosa sia successo realmente alla sorella che non sapeva di avere, ma quando inizia a fare domande, la vicenda sembra avvolta nel mistero. In tutto ciò conosce Oliver, un giornalista americano, che decide di aiutarla. Ma qualcuno la avverte di non fidarsi di lui…

Devo ammettere che le promesse le ho trovate accattivanti: il mistero che avvolge la scomparsa di una neonata di tre settimane e la gente del posto che sembra abbia paura a parlarne. Nel romanzo si alterna il narratore in prima persona di Diana Hatton, la madre della protagonista, e la storia principale di Belle. Il ritmo è scorrevole anche se si arresta in alcuni punti, ma dura poco. Tutto sommato non è stato così terribile, anche se ho trovato un enorme scivolone da parte dell’autrice che mi ha fatto storcere parecchio il naso. Il finale è scontato e prevedibile. Voto 3/5

ATTENZIONE SPOILER!! Ad un certo punto della storia si apprende che Diana ha sofferto di una forte depressione, risalente alla gravidanza della prima figlia, quando viene a scoprire del tradimento del marito. Da lì c’è stata una lenta discesa verso il baratro che l’ha portata ad un allontanamento coatto da casa sua, facendo perdere ogni sua traccia. Già qua mi dà i nervi, tuttavia bisogna contestualizzare la vicenda al periodo storico di cui si parla. Già è tanto che non l’abbiano rinchiusa in un manicomio, ma il marito che la “ama tanto”, vedendo la sua salute mentale tanto instabile, per altro iniziata per colpa sua, prima ci fa un’altra figlia e poi le dice “Senti bella fuori dai piedi che non ti sopporto più…ah, devo proteggere la nostra bambina.” Peccato che quando poi questa porella migliora, decide comunque di tenerla a debita distanza. Ma che marito amorevole! Da qui mi aggancio ad un altro punto: la protagonista schifa con orrore le amiche di Gloria in quanto le considera bigotte dal pensiero medioevale, dopo che le fanno pesare che è in età da marito e figli. E okay, non fosse che ad un certo punto viene espresso questo pensiero riguardo alla madre: “Né riusciva a capire perché non fosse bastata la sua nascita a ristabilire un equilibrio, o se non altro ad attenuare almeno in parte il dolore causato dalla perdita di Elvira.” E questo non sarebbe un pensiero ignorante? Quindi secondo la protagonista, la madre figliando avrebbe dovuto risolvere la sua depressione, riportare un certo equilibrio in casa e sostituire il dolore con l’amore per la nuova figlia. Ma che razza di pensiero è? Se una ha gravi disturbi psicologici (Diana aveva persino delle allucinazioni uditive!!) non risolve niente mettendo al mondo figli, anzi, potrebbe persino peggiorare, cosa di fatto successa. Poi, da quando i figli si sostituiscono fra loro? Una madre con 2 figli dovrebbe soffrire di meno per la perdita di uno rispetto ad un’altra con un figlio solo, perché avrebbe il piano B? Senza parole…

Grazie per aver letto l’articolo,

Julia Volta

“Che il mondo potesse racchiudere una tale straordinaria bellezza, e al contempo così tanta violenza, le risultava incomprensibile, ma sapeva che avrebbe dovuto trovare un modo per capire e accettare quei due estremi.” La sorella perduta, D. Jefferies