L’Altra Verità – A. Merini

Il 13 maggio del 1978 la Legge Basaglia segnava l’inizio della svolta per quanto riguarda gli “Accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori” determinando la chiusura definitiva dei manicomi in Italia. Tali strutture, create al fine di istituzionalizzare il problema dei “malati di mente”, ormai sono comunemente considerate luoghi di sofferenza più che di recupero. E a raccontarcelo non sono solo gli strumenti di vera e propria tortura utilizzati sul posto, ma anche le stesse persone che hanno dovuto subire tali trattamenti.

Fra questi spicca senz’altro la celeberrima poetessa italiana Alda Merini, nata a Milano nel 1931, talentuosa fin dalla giovane età, ma vittima di un destino infausto che l’ha trascinata nell’orrore del manicomio per ben 10 anni fra ricoveri volontari e forzati. Nel libro L’Altra Verità, uno dei tanti scritti dove è possibile rileggere il suo dolore, Alda ripercorre la sua esperienza a tratti considerando in maniera oggettiva la sua reale patologia psichiatrica, a tratti criticando un’istituzione che ha contribuito ad aggravare i suoi problemi. Benché buona parte del testo sia scritto in prosa, si tratta per lo più di un diario dove la scrittrice riporta i suoi pensieri, considerazioni, ricordi spesso sconnessi e poesie. La parte finale contiene un’interessante considerazione filosofica sul cosiddetto malato psichiatrico, oltre che le lettere scritte al suo amato Pierre.

Inutile ovviamente dedicare un paragrafo agli spoiler, dal momento che si tratta di un’opera biografica conosciuta ai più. Ormai tutti sanno che nei manicomi la vita era un inferno, ma vederlo attraverso gli occhi di chi l’ha vissuto sulla propria pelle fa ancora più male. Viene da chiedersi come si poteva pensare che trattare le persone in questa maniera, potesse in qualche modo farle guarire. Oltre all’incomprensibile elettroshock, ci sono tante altre forme di velata violenza, come se i malati fossero bestie senza anima: denudati senza dignità per essere lavati con la stessa pezza cenciosa, disposti su panchine in silenzio e ignorati come ombre sulla vita. E nonostante tutto questo Alda afferma che il vero inferno è fuori da quelle mura, una volta dimesso, perché tutti ti trattano come un criminale e ti ripagano con diffidenza, lasciandoti ancora più solo di prima. Tutto ciò che si cercava era solo amore e comprensione, niente di più. Voto finale 5 su 5, non tanto per lo stile di scrittura che non si addice ai miei gusti personali, ma perché vale davvero la pena ascoltare chi per tanto tempo è stato costretto al silenzio.

Grazie per aver letto l’articolo, vi auguro una buona lettura del libro 🙂

“Si parla spesso di solitudine, fuori, perché si conosce solo un nostro tipo di solitudine. Ma nulla è così feroce come la solitudine del manicomio. In quella spietata repulsione da parte di tutto si introducono i serpenti della tua fantasia, i morsi del dolore fisico, l’acquiescenza di un pagliericcio su cui sbava l’altra malta vicina, che sta più su. Una solitudine da dimenticati, da colpevoli. E la tua vestaglia ti diventa insostituibile, e così gli stracci che hai addosso perché loro solo conoscono la tua vera esistenza, il tuo vero modo di vivere.” L’Altra Verità, A. Merini

Una stanza piena di gente – D. Keyes

Il best seller di questo mese è sicuramente diventato famoso dopo l’uscita del film Split di M. Night Shyamalan che, vi dico subito, della storia vera alla quale si ispira, ha ben poco. Io l’ho scoperto leggendo i commenti sotto ad un articolo che riportava il caso di cronaca di cui parla, si intitola Una Stanza Piena di Gente ed è stato scritto da Daniel Keyes.

Il libro parla di uno dei casi di cronaca più sconvolgenti d’America che, il 27 ottobre del 1977, vede coinvolto un giovane di nome William Stanley Milligan, accusato di aver rapito, violentato e rapinato tre studentesse universitarie. Il ragazzo ha già diversi precedenti penali e ogni prova riporta a lui, ma da delle perizie psichiatriche richieste dalla difesa, emerge che soffre di una gravissima forma di disturbo dissociativo dell’identità. Man mano che proseguono le indagini, difatti, emerge che nella mente di Billy vivono ben 10 personalità distinte, ognuna con un proprio carattere, atteggiamento e persino accento diverso. Per la prima volta nella storia giudiziaria americana, viene emessa una sentenza di non colpevolezza per infermità mentale. Tuttavia, durante il ricovero in un istituto specializzato, a poco a poco affiorano altre 14 identità autonome, fra le quali spicca “il Maestro”, la sintesi della vita e dei ricordi di tutti i 23 alter ego. E’ grazie alla collaborazione di quest’ultimo che lo scrittore è stato in grado di scrivere il libro partendo dalla sua infanzia, fino alle motivazioni che l’hanno spinto a commettere i delitti per i quali è stato accusato.

Per quanto il libro sia molto lungo, vi assicuro che si legge quasi in un fiato, non solo per questa vicenda che ha dell’incredibile, ma anche per lo stile di scrittura slanciato di Keyes. Conoscendo la storia di Billy si apprende quali siano state le esperienze e i traumi che l’hanno portato a tale disturbo ed è pazzesco pensare che ognuna di quelle personalità sviluppate fosse autonoma. Ognuna aveva un nome, un’età e persino un’etnia diversa. Billy aveva costruito ciascuno estremizzando una parte di se stesso e senza rendersene conto, tant’è che lui stesso ne diventa vittima. Per me il libro vale 5 su 5 e consiglio la lettura soprattutto a coloro che sono appassionati di psichiatria e/o hanno letto manuali come L’uomo che Scambiò Sua Moglie per un Cappello, perché per quanto non adotti lo stile imparziale e rigorosamente medico di Sacks con descrizione dei casi e relativa spiegazione scientifica, ci si addentra in maniera approfondita nella descrizione di tale disturbo, oltre che le sue conseguenze sulla vita di chi ne soffre.

ATTENZIONE SPOILER IN QUESTO PARAGRAFO!! Nell’introduzione ho detto che il film Split non c’entra niente, ma è comunque liberamente ispirato a questa storia, anche se ne hanno preso spunto per costruire un horror che, personalmente, non ci tengo a vedere. Quello che aspettavo, invece, era il film che raccontava la vera storia di Billy Milligan con Leonardo di Caprio, ma ancora non mi sembra di aver visto niente del genere. In ogni caso è stata una storia toccante e alla fine si arriva a provare compassione per questa persona, scoprendo le sofferenze inaudite che ha dovuto passare fin da bambino, un susseguirsi di traumi che l’hanno spinto a rifugiarsi dietro a personalità inesistenti. La cosa gli riusciva talmente bene che alla fine ne è rimasto soffocato, tentando in più occasioni il suicidio. Per poter sopravvivere avevano persino adottato delle regole e ognuna poteva a turno manifestarsi per poter lavorare o svolgere i propri compiti. A causa di questo problema Billy ha passato gran parte della vita da solo e incompreso; il percorso per uscirne è stato duro e difficile ed è ben descritto da Keyes. Poiché quello di Milligan è stato il più celebre caso di disturbo dissociativo al mondo, su internet ci sono numerosi siti che raccolgono dati e informazioni aggiuntive sulla sua storia. Ci sono persino le immagini di alcuni suoi quadri, fra i quali uno che ritrae le rappresentazioni delle sue principali personalità. Nel link seguente potrete persino trovare un’analisi del caso dal punto di vista psicologico: https://psiche.cmsantagostino.it/2018/03/02/disturbi-dissociativo-identita-billy-milligan/

Vi ringrazio per aver prestato attenzione all’articolo; vi auguro una buona lettura del libro:)

“Di nuovo sbatté le palpebre con lo sguardo vuoto. Poi li aprì, si appoggiò allo schienale, si guardò in giro con un’espressione arrogante e congiunse la punta delle dita. Quando parlò, l’accento era quello dell’alta società britannica.” Una Stanza Piena di Gente, D. Keyes